Si stima che a Roma arriveranno circa 1 milione di turisti in occasione del ponte dell’Immacolata. Viaggiare è ormai diventato un must e, spesso e volentieri, viaggiare è anche sinonimo di consumare, non solo in loco ma anche il viaggio in sé e per sé è diventato un oggetto di consumo.
Nella pianificazione della globalizzazione avvenuta prima di questo 2° millennio d.C. abbiamo assistito, per lo più inconsapevoli almeno inizialmente, a un livellamento di abitudini e consumi: basta vedere oggi i format televisivi e quelli pubblicitari che si assomigliano un po’ tutti dall’Australia alla Germania e al New Jersey passando per la Scandinavia.
Al contempo si è verificata un’unificazione linguistica verso l’inglese che, sebbene non sia una neolingua nel senso letterale del termine, lo è di fatto nella funzione di neolingua del consumo e del marketing.
Le banche dati di cui gli americani sono esperti e in gran parte fautori, l’avvento dei calcolatori elettronici divenuti pc, e, oggi, quello dell’intelligenza artificiale hanno fatto il resto, insieme - ça va sans dire - ai mass media e ai social network. Oggi dunque le persone, i turisti che viaggiano, si muovono e si spostano come masse alla “ricerca di non si sa che cosa”.
La pubblicità ti propone come meta “Roma”?
Ecco che folle di turisti prenotano in blocco un po’ per sentirsi “comuni” a tutti, accettati, alla moda, adattati e adatti (a chi e a che cosa neanche loro lo sanno), e un po’ perché si lasciano andare all’onda e si lasciano condurre. Così il viaggio stesso è diventato via via nei secoli e negli ultimi decenni in particolare un vero e proprio “bene di consumo”.
I consumatori / turisti molto spesso invadono le città incuranti delle realtà locali. E d’altra parte le città ospitanti trovano nel turismo un indotto economico notevole. Si parla in questi ultimi anni di overtourism - termine coniato appositamente - perché in alcuni periodi dell’anno assistiamo a un sovraffollamento di alcune località turistiche. Roma stessa ormai è un B&B si può dire, oltre che un perenne cantiere a cielo aperto. Molti imprenditori e costruttori hanno infatti destinato i loro appartamenti all’ospitalità di turisti.
Questo ha portato inevitabilmente a far lievitare il costo degli affitti e anche quello della vita, soprattutto in alcune zone di questa meravigliosa metropoli, penalizzando così di fatto i cittadini residenti. Porto un esempio: il biglietto dei trasporti pubblici romani ATAC che per un viaggio ha un costo di € 1,50 e in abbonamento mensile di € 35, per il settimanale ha invece - badate bene la truffa, perché questo è e va definita con proprietà lessicale adeguata - il prezzo di € 29. Quello che però mi colpisce maggiormente è il fatto che Via del Corso così come il Pantheon ovvero tanto le location commerciali quanto quelle culturali sono invase da persone: così come consumano prodotti, allo stesso modo consumano cultura.
Camminano, parlano, si recano a ristorante, si dedicano allo shopping, visitano musei e monumenti, si fanno selfie a più non posso ma… a guardarli bene si avverte un certo smarrimento di fondo: sono lì, hanno viaggiato, si sono spostati, ma non sanno bene perché.
Non è un viaggio che la loro anima o il loro cuore ha scelto e pianificato e intrapreso. No. È stata la moda… l’abitudine… la pubblicità… il passaparola… i social… la noia… In molti di loro, nella maggior parte, alberga una forte sensazione di smarrimento e una pressoché totale insensibilità verso quello che stanno facendo e verso quello che stanno vedendo. A Roma di turisti ce ne sono tanti e tutto l’anno. Mi capita a volte, quando siedo a un caffè o a un bistrot di osservarli, è una cosa che mi piace ogni tanto. Mi immagino vite, relazioni, nazionalità, motivazioni; succede anche a volte di interagire con qualcuno. Quello che si percepisce e che si vede nei loro occhi quando appunto mi capita di parlarci o di soffermarmi più a lungo a osservarli (anche quando si fanno dei selfie e si mettono in posa per esempio) è l’assenza di profondità, è una sensibilità ferma alla superficie, all’effimero e che così li rende manovrabili, pecore da gregge… Un tempo intraprendere un viaggio comportava una scelta, una motivazione interiore, una volontà di conoscere anche se stessi, oltre che “qualcosa di esteriore”.
Ecco, questo si è pressoché perso totalmente nelle mandrie di turisti che affollano le nostre città e nel milione previsto qui a Roma in questi giorni. E questa, secondo me, non è la novità del XXI secolo bensì è il risultato di una pianificazione feroce e sistematica avvenuta almeno negli ultimi due secoli con un picco, in particolare, a partire dalla fine del millennio scorso per la globalizzazione appunto di cui format televisivi come Turisti per caso sono solo un esempio. Riprendiamoci i nostri spazi, la nostra interiorità, la nostra sensibilità, la nostra profondità e la capacità di discernere e di scegliere. Riprendiamoci un modo e un tempo di viaggiare più genuino e meno manipolato.
Ponte dell'Immacolata, a Roma in arrivo oltre un milione di turisti, ma a fare che?
Scritto da Gessica Di Giacomo
Cronaca
06 Dicembre 2025
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