La mattina di sabato 13 dicembre alle 11 l'inaugurazione del museo è su invito e rivolta principalmente alle Istituzioni, nel pomeriggio dalle ore 15 alle ore 17 sarà aperto gratuitamente al pubblico.
Il museo aprirà da gennaio ogni lunedì, mercoledì e venerdì negli orari di apertura della Fondazione Mario Tobino (lunedì 8.30-17.00, mercoledì 8.30-17.00, venerdì 8.30-13.30).
Con l'apertura del Museo Giovanni Battista Giordano si compie, a tutti gli effetti, una riapertura. Già nel 1979, infatti, il medico psichiatra Giovanni Battista Giordano, allora primario della Divisione Maschile dell'ospedale, direttore della biblioteca scientifica e collaboratore di Mario Tobino, avviò un primo tentativo di allestimento museale.
Partendo dall'ampia e preziosa messe di strumenti storici del laboratorio chimico, delle apparecchiature terapeutiche e di tutta quella strumentazione che aveva segnato la vita dell'istituto, Giordano iniziò un complesso lavoro di catalogazione e inventariazione, lasciando descrizioni dettagliate e opere dedicate proprio alla ricostruzione della storia di Maggiano.
Oggi quel progetto trova finalmente una nuova e compiuta realizzazione grazie al restauro degli spazi dell'ex biblioteca, reso possibile dai fondi della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. Le sale restaurate accolgono ora il grande fondo di strumentazione storica dell'istituto e gli spazi dedicati alla storia dell'ex O.P. di Maggiano, restituendo alla città un luogo di memoria, studio e riflessione.
Il percorso museale si articola in quattro grandi aree tematiche che attraversano, da punti di vista diversi, la storia della psichiatria e dell'ex ospedale di Maggiano. L'ingresso è introdotto da un inquadramento storico sull'ex convento di Fregionaia e sulla sua trasformazione in manicomio. Da qui si entra nella sezione dedicata alle tecniche di cura, dove sono raccolti gli strumenti utilizzati per intervenire direttamente sui pazienti: dalle camicie di forza alle apparecchiature per l'elettroshock, dagli strumenti chirurgici ai dispositivi di controllo fisico come il Guanto di Patrizi, destinato alla misurazione degli "umori" nelle perizie psichiatriche, fino ai materiali dell'infermeria e ai primi psicofarmaci. Questa parte del museo racconta gli strumenti attraverso cui la psichiatria ha cercato di contenere, gestire, classificare e, secondo le teorie dell'epoca, curare i ricoverati, costruendo per ciascuno una biografia clinica.
Il percorso prosegue dando spazio ai volti e alle storie dei degenti, mettendo in luce l'ergoterapia, ovvero la "cura attraverso il lavoro", e la socioterapia. Attraverso fotografie, oggetti e manufatti emergono le officine meccaniche, i telai, il calzaturificio e la falegnameria. Tavoli, scarpe, ombrelli, tessuti restituiscono l'immagine di un manicomio che è stato anche una vera e propria fabbrica che serviva se stessa, dove il lavoro funzionava come strumento terapeutico e come mezzo per rendere "produttivo" il tempo trascorso nelle camerate. Accanto a questa dimensione emerge anche l'attenzione precoce di Maggiano per la terapia morale: già nella seconda metà dell'Ottocento, il direttore Neri fece acquistare un armonium per permettere ad alcuni ricoverati di ascoltare e suonare musica. Lo strumento è visibile all'interno del percorso.
Un ruolo centrale nella restituzione visiva della vita manicomiale è svolto dai disegni di Fidia Palla, gentilmente concessi da Giulia e Ilaria Talini eredi di Fidia, artista ricoverato per oltre vent'anni, che con tratti di penna e matita ha raccontato la quotidianità delle camerate, i volti, l'attesa, il manicomio e il tedio del tempo sospeso. Da questa impostazione, inizialmente legata al lavoro imposto, si sviluppa, soprattutto dopo gli anni Cinquanta, un'altra visione che valorizza il lavoro e l'attività creativa dei malati come strumenti di coinvolgimento e di espressione: è la stagione della socioterapia e dell'arteterapia, della cura attraverso l'arte e la partecipazione attiva. Ne sono testimonianza le opere in ceramica e pittura realizzate dai degenti.
Questa evoluzione trova un'espressione straordinaria nella parte del museo dedicata al Festival della Canzone. Tra la metà e la fine degli anni Sessanta l'ospedale psichiatrico di Maggiano diventa infatti sede di un'esperienza unica, in cui i degenti stessi sono protagonisti di un vero e proprio festival: compongono testi e musiche, realizzano spettacoli teatrali e numeri di varietà. L'iniziativa esce dai confini dell'istituto e trasforma Maggiano in un centro nazionale di questa sperimentazione, coinvolgendo negli anni molti ospedali psichiatrici d'Italia, da Reggio Emilia a Napoli, da Volterra ad altri ancora. In questa sezione si possono vedere le fotografie a colori, i disegni dei degenti, la giacca e la fisarmonica di Franco Perna, tecnico radiologo nonché ideatore e organizzatore del festival, donate dalla figlia Rita Perna.
L'ultima parte del percorso è dedicata alla strumentazione del laboratorio chimico presente a Maggiano fin dalla fine dell'Ottocento e già inaugurato nell'aprile del 2024 in memoria alla Dott.ssa Barbara Capovani. Qui si osserva lo sviluppo tecnico dello studio del sangue, dei campioni anatomici, degli strumenti per la distillazione, degli apparecchi di ingrandimento fotografico, delle centrifughe meccaniche e dei reperti anatomici. È esposto anche un raro strumento fotoingrandente su binario, insieme a un prezioso ergografo di Mosso, utilizzato in medicina sociale per misurare la fatica e lo stress lavorativo, strumento che ebbe un ruolo importante anche nelle lotte per l'affermazione della giornata lavorativa di otto ore. Chiude il percorso la ricostruzione di un intero reparto di radiologia che serviva l'ospedale psichiatrico, testimoniando l'alto livello di integrazione tra cura mentale e sviluppo delle tecniche diagnostiche.
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Sabato 13 dicembre si apre al pubblico anche la sala 'Da vicino nessuno è normale' curata da Matteo Raciti che accoglie le grandi sculture in cartapesta e ferro dal forte carattere grottesco realizzate dall'artista.
Le opere si fondono intimamente con gli spazi abbandonati e colmi di ricordi che un tempo accoglievano i pazienti dell'Ospedale Psichiatrico di Maggiano e le loro vite. Nella sala è presente anche l'installazione fotografica di Valentina Ragozzino, che con sensibilità e carattere racconta, nei suoi scatti in bianco e nero, la realizzazione di queste grandi opere attraverso l'argilla utilizzata per la creazione dello stampo. L'argilla è il cuore da cui prende vita la maschera, un materiale duttile, modellabile proprio come il nostro inconscio, che si plasma attraverso le esperienze e vicissitudini della vita.
Da Vicino Nessuno è Normale è un viaggio introspettivo e pieno di emozioni, che costringe a guardarsi dentro e a parlare con la propria parte più intima. Una mostra da visitare che fa tremare un po' il cuore per farci uscire dall'indifferenza.
La sala rientra nel percorso di visite guidate Sorella Follia svolte mensilmente dalla Fondazione Tobino.



