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Scritto da chiara grassini
Cultura
09 Dicembre 2022

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Dopo la pubblicazione del penultimo libro "Le 10 cose che ho imparato dalla vita" Paolo Del Debbio presenta il suo primo romanzo. Già autore di innumerevoli saggi che vertono principalmente su temi di economia come  ad esempio "L'elogio dello stato a pendolo",Più etica nel mercato?"o "No global, new global. Etica e governo dei cambiamenti", torna in libreria con "Il filo dell'aquilone. Vita di Astorre Cantacci" edito da Mondadori. Il volume è stato presentato nel tardo pomeriggio da Gina Truglio insieme a Donatella Buonriposi all'ufficio scolastico in piazza Guidiccioni dove ha portato i saluti del comune di Lucca l'assessore al turismo Remo Santini.

"L'idea di scrivere l'inizio del libro mi è venuta in mente 20 anni fa, "quella notte era stata una notte come tutte le altre" - ha esordito l'autore. In realtà immaginavo un personaggio, cioè un barbone che si svegliava al mattino nel solito posto anche se dietro al buio notturno c'era lo sconvolgimento totale della sua vita. A distanza di tempo ci ho riflettuto e ho pensato alla vita di Astorre Cantacci".

Il protagonista è un trovatello abbandonato dalla giovane madre - dopo che il padre del bambino sparisce - e lasciato nella ruota del convento di suore avvolto in un lenzuolo e in alcune coperte. Accolto dalle monache al piccolo viene assegnato il nome di Mario Casa - glielo conferisce un dirigente comunale dell'anagrafe - fino a che un giorno viene adottato da una famiglia di origini toscane trasferita a Milano composta da Felicita, ovvero un'amica della badessa, dalla figlia Anna e dal marito Giorgio, di professione avvocato. Perché? Semplice: in convento non possono più tenerlo. Ha bisogno di una famiglia che possa dargli tutto quell'amore che il bambino non ha mai ricevuto. Non a caso il cognome casa è un acronimo di "Cum amplexo sin amore" che tradotto dal latino significo "amplesso senza amore". In seguito all'adozione, avvenuta il 13  novembre 1945, il trovatello cambia nome e da ora in poi si chiamerà Astorre Cantacci. Man mano che si prosegue nella lettura l'autore fornisce maggiori dettagli sulla vita del protagonista: dall'infanzia felice a Milano alle vacanze in campagna, dagli studi universitari ai primi amori fino all'incontro con un monaco che gli scioglie i dubbi e le incertezze su ciò che lo tormenta prima di intraprendere la vita monastica.

Del Debbio spiega il motivo della scelta del nome e del cognome che danno il titolo al libro. Innanzitutto la consulta dell'archivio certosino. Qui l'autore è riuscito a trovare, attraverso una serie di ricerche, la figura di un nobile di origine grossetane che si era fatto monaco. Poi Cantacci tipicamente toscano. Il giornalista, e qui occorre soffermarsi su un aspetto importante, vuole  far rivivere al lettore tutti quei tormenti e sofferenze che attraversano la nostra vita. Il romanzo è scorrevole ed è suddiviso in otto capitoli, tutti lunghi ma ricchi di spunti e riflessioni. Del Debbio usa un linguaggio rinnovato, ben lontano dai suoi precedenti manuali di economia perché scava nella profondità dell'anima riportando le paure e le angosce dei personaggi che via via incontriamo nel corso della lettura. Tra le righe momenti di introspezione alternati a citazioni filosofiche tipiche della scrittura del giornalista. Ad un certo punto il romanzo mette in evidenza lo smarrimento interiore di Atorre dopo aver fatto visita al monaco  al quale chiede quale sia il motivo del  malessere. Il protagonista è assai turbato, perso, risponde di non sapere ma soprattutto emerge un aspetto significativo e centrale che contraddistingue l'intera opera: la parola libertà vista attraverso l'aquilone che tiene in mano ciascun bambino nel prato durante il periodo estivo.

L'aquilone rappresenta il filo conduttore che porta alla libertà, come dicevamo. Esso vola così come dovrebbe volare la vita di Atorre ma per fare questo ulteriore salto di qualità  deve per primo cercare una situazione o un luogo ben definiti lontani da ogni forma astratta che non conduce dunque alla libertà tanto ricercata.

Mentre scriveva il libro Paolo Del Debbio non ha nascosto le sue emozioni e ha spiegato come lo ha realizzato e quanto tempo ha impiegato per pubblicarlo. Grazie ai suoi studi sempre attenti dovuti a una profonda conoscenza della vita monastica, ha impiegato 45 giorni unendo due fattori essenziali che, secondo lui, caratterizzano la scrittura:l'ispirazione e la disciplina. Due aspetti che vanno di pari passo per poter comporre un'opera. Il giornalista ha poi anticipato la pubblicazione del suo secondo romanzo che è il continuo del primo.

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