Politica
Pardini e Dondolini: “No ad accorpamenti scolastici discriminatori, serve fronte comune per difendere l’autonomia e l’identità delle scuole”
“Il piano di dimensionamento scolastico che coinvolge anche il territorio di Viareggio rischia di compromettere la qualità dell’offerta educativa e di cancellare l’identità storica delle nostre scuole. È…

Consiglio comunale di Lucca, Pardini annuncia la proroga tecnica di Geal
Proroga tecnica di Geal fino al 31 dicembre 2026: ad annunciarlo in consiglio comunale è stato il sindaco Mario Pardini, suscitando diffusa soddisfazione tanto da parte della maggioranza quanto della minoranza

Giovannetti e Bresciani: "Giù le mani dalle scuole di Pietrasanta"
No a qualsiasi alterazione dell'attuale assetto scolastico di Pietrasanta. E' perentoria la posizione del sindaco Alberto Stefano Giovannetti e del vicesindaco e assessore alla pubblica istruzione, Francesca Bresciani

Del Ghingaro-Tomei scrivono a Giani: "Viareggio contraria all'accorpamento degli istituti scolastici"
Il sindaco del Comune di Viareggio, Giorgio Del Ghingaro, e l'assessore alla Pubblica Istruzione, Gabriele Tomei, hanno inviato una lettera ufficiale alla Regione Toscana per esprimere forte contrarietà…

Forza Italia sempre più protagonista a Viareggio
In via Fratti si è tenuta infatti l'inaugurazione della nuova sede, alla presenza dell'Onorevole Deborah Bergamini, del Segretario provinciale Carlo Bigongiari e del Segretario comunale Vittorio Fantoni, insieme a numerosi iscritti e simpatizzanti

Lucca è un grande noi: "LuccArena: i soldi non ci sono, la cittadinanza è stanca della propaganda inutile"
'Lucca è un grande noi, lista civica' interviene il giorno dopo la presentazione dei lavori per la nuova arena dello sport al…

Accorpamenti di istituto, la contrarietà di Alfarano del Pd e di Lista Futura
Di fronte ad una normativa nazionale ancora cogente che impone accorpamenti di istituto vogliamo, in qualità di consiglieri del Partito Democratico e della lista Futura di due comuni…

Brigate rosso-nere
La sera dell’8 novembre 1978 ero in servizio di picchetto alla Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma, quando giunse un carro attrezzi con un’auto crivellata di colpi. Doveva essere sottoposta agli esami di rito da parte del Centro Carabinieri Investigazioni Scientifiche, antesignano dei C.S.I. “de noantri”, i RIS

Il comitato 10 Febbraio plaude all’installazione di una panchina tricolore a Lucca
“Apprendo con piacere che il 4 novembre scorso anche il Consiglio comunale di Lucca ha approvato l’installazione di una panchina tricolore. Un altro piccolo, ma importante tassello sulla…

Estate 2025: Viareggio cresce e convince. Turismo in salute nonostante le sfide meteo
Viareggio chiude la stagione estiva 2025 con numeri che parlano da soli: la città ha saputo attrarre, accogliere e fidelizzare i visitatori, confermandosi una destinazione turistica solida e competitiva, anche in un contesto nazionale segnato da flessioni significative

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Un nuovo attacco terroristico scuote la capitale turca, con una serie di esplosioni e scontri a fuoco presso la Turkish Aerospace Industries (Tusas). Non si tratta di un evento casuale: colpire l’industria aerospaziale significa colpire il cuore della produzione tecnologica e militare della Turchia, un Paese che negli ultimi anni ha consolidato la sua presenza come attore chiave nel settore degli armamenti. Le ipotesi sono tante, ma tutte puntano a una strategia ben studiata che va oltre la semplice azione terroristica. Secondo le prime ricostruzioni, l’attacco è stato sferrato da un gruppo di aggressori, uno dei quali si è fatto esplodere, permettendo agli altri di infiltrarsi nel complesso industriale. Le forze di sicurezza sono intervenute prontamente, ma la situazione è ancora tesa, con le autorità che parlano di morti, feriti e la presenza di ostaggi all'interno della struttura. Il ministro degli Interni Ali Yerlikaya ha confermato che si tratta di un attacco terroristico, aggiungendo che “purtroppo, abbiamo avuto martiri e feriti”.
È evidente che l’obiettivo dell’attacco fosse più che simbolico: la Tusas rappresenta il fulcro dello sviluppo di tecnologie aerospaziali e difensive, inclusi i famigerati droni che hanno permesso alla Turchia di giocare un ruolo di primo piano nei conflitti regionali, dalla Siria alla Libia. L’industria aerospaziale è il fiore all’occhiello dell’ascesa militare turca, con commesse internazionali che hanno fatto invidia a molti Paesi occidentali. Attaccarla equivale a lanciare un messaggio chiaro: fermare o almeno rallentare la crescita di un Paese che si è ritagliato uno spazio autonomo sulla scena globale, senza dover sottostare al controllo di Bruxelles o Washington.
E qui si entra nel vivo della questione geopolitica. La Turchia, pur avendo da anni una relazione controversa con l’Unione Europea, non è mai stata inserita tra i membri a pieno titolo. E forse non è nemmeno un caso. Essere fuori dall’UE permette ad Ankara di giocare su più tavoli, mantenendo una certa autonomia che la colloca alla pari di potenze come l’Iran. A differenza dei Paesi comunitari, infatti, la Turchia può sviluppare alleanze flessibili e spesso contraddittorie: un giorno dialoga con Mosca, il giorno dopo si allinea a Washington, mentre nel frattempo continua a rafforzare i suoi legami economici con il mondo arabo e a trattare con Pechino. Questa libertà di movimento, che Erdogan ha sfruttato abilmente negli ultimi anni, ha portato Ankara a essere considerata un partner scomodo, ma indispensabile. Non fa parte dell’UE e, per molti versi, questo le giova. Può infatti aggirare le rigide normative comunitarie sul commercio delle armi, negoziare contratti e alleanze in modo più aggressivo e mantenere un ruolo di bilanciatore nel Mediterraneo orientale. E proprio questa flessibilità è ciò che i nemici di oggi vogliono indebolire.
Ma chi potrebbe essere interessato a colpire così duramente la Turchia? Le ipotesi sul tavolo sono tante. Potrebbe trattarsi di gruppi radicali interni che, vedendo l’ascesa del controllo militare di Ankara, hanno deciso di sfidare apertamente il potere di Erdogan. O, forse, dietro questa azione si nascondono attori esterni che vogliono minare la stabilità di un Paese che continua a espandere la sua influenza, specialmente in settori strategici come quello militare e delle tecnologie avanzate. Non va dimenticato che la Turchia si è recentemente inserita in numerosi contesti di crisi, dalla Siria al Caucaso, facendo spesso leva sulla sua industria bellica per consolidare alleanze e deterrenze. Questo attacco, dunque, potrebbe rappresentare una risposta ai successi recenti di Ankara: un modo per dire che la partita è tutt’altro che chiusa.
Qualunque sia la matrice di questa azione, una cosa è certa: si tratta di un atto di sfida che il presidente Erdogan non potrà permettersi di ignorare. L'attacco alla Tusas non è solo un colpo alla sicurezza nazionale, ma anche un segnale ai partner e ai rivali internazionali che la posizione della Turchia non è ancora consolidata. La reazione del governo sarà quindi decisiva per capire come Ankara intende rispondere a questa provocazione, e se cercherà di rafforzare ulteriormente la sua industria di difesa o se, al contrario, si vedrà costretta a riconsiderare le sue mosse strategiche. Il fatto che questo attentato sia avvenuto alle porte dell’Europa, anche se al di fuori dei confini dell'Unione, sottolinea come le dinamiche di sicurezza si estendano ben oltre i confini ufficiali. Un attacco di questa portata in territorio europeo rappresenta non solo una questione di sicurezza per la Turchia, ma un possibile allarme per tutti quei Paesi che, direttamente o indirettamente, si trovano coinvolti nelle complessità geopolitiche della regione. Sta di fatto che, oggi, l’esplosione alla Turkish Aerospace Industries ci racconta molto di più di un semplice attacco: ci svela gli equilibri sottili e le tensioni che si celano dietro le scelte strategiche di un Paese che, volente o nolente, continuerà a far parlare di sé.
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L’Istat, l’istituto nazionale di statistica dello Stato, ci conferma che il calo delle nascite nel Belpaese continua. Lo scorso anno la soglia è calata di un ulteriore 3,5 per cento per ogni mille italiani. Il cosiddetto inverno demografico non trova sollievo nella nostra penisola e permangono tutti gli interrogativi futuri legati alla denatalità, alle future pensioni, alla desertificazione della nazione, all’invecchiamento della popolazione la cui età media ormai è di quasi 83 anni, con il peso economico che questo già comporta sul piano sanitario ed assistenziale. Argomenti questi ultimi, che appassionano politici, sociologi ed economisti già da molto tempo, ossia da quando il fenomeno della natalità negativa rispetto alla mortalità, ha assunto dimensioni costanti nel corso degli anni. Uno degli argomenti che spesso si inseriscono come corollario del fenomeno è quello dei flussi migratori, ossia di quella massa di persone che da decenni sbarca sulle nostre coste e che, sia pure in minima parte, resta poi sul suolo patrio. Con quegli indici numerici sulla natalità, ragguagliati agli indici di coloro che si insediano come migranti, è del tutto ovvio che ci avviamo verso un futuro multirazziale, multiculturale e multi confessionale. Che questa doppia prospettiva sia auspicabile oppure deprecabile è materia di dibattito politico e, lungo lo Stivale, se ne sono già dette di ogni foggia e colore. Si tratta, in ogni caso, di argomentazioni che, per quanto valide e credibili, ci porterebbero comunque verso altre sponde rispetto allo specifico tema che qui intendiamo trattare. Un tema che da tempo gli uomini di scienza denunciano come grave al punto tale da poter divenire esiziale per la procreazione naturale nel futuro e che incide anch’esso in maniera cospicua sulla denatalità. Tutto questo mentre il sistema politico focalizza la questione sotto il profilo sociale, trascurando le altre concause che parimenti incidono sulla questione. Si corre ai ripari per incentivare, con i bonus economici, la spinta a rimuovere gli ostacoli ed i costi pratici che un nuovo figlio rappresenta dentro il nucleo familiare, oppure si organizzano sistemi complessi e costosi per codificare l’immigrazione. Nessuno però guarda all’aspetto delle patologie che frenano la fertilità. Il sistema One Health adottato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, ossia il ritenere tutt’uno l’aspetto dei fattori ambientali e di quelli sanitari ai fini del mantenimento dello stato di buona salute, ci spinge a guardare alle nuove interazioni tra ambiente e salute e tra questi e la capacità di procreare delle nuove generazioni. Innovativi ambiti di ricerca biomedica hanno individuato le cause del diffuso calo della spermatogenesi e delle malattie dell’apparato genitale femminile, che rendono un'elevata percentuale delle coppie incapaci di procreare per via ordinaria e naturale. La tossicità ambientale, le scorie biologiche e chimiche presenti negli alimenti, nelle acque e nell’aria, determinano il forte incremento delle patologie legate alla fertilità di coppia. Più del 40 per cento delle nascite sono assistite, determinate, da procedure medico- biologiche. Il numero dei gameti maschili si è ridotto 80 per cento e le endometriosi e le disfunzioni ovariche galoppano tra il genere femminile. Condizioni patologiche diffuse che costringono migliaia di coppie a sottoporsi a costose procedure pre e post impianto di ovuli fecondati artificialmente. Siamo nell’ordine di decine di migliaia di euro e di un calvario fisico per la donna. Altro fattore incidente sulla patologia, anche laddove non si rilevano altri ostacoli sui gameti e sugli organi riproduttivi, è il microbiota intestinale, ossia la corretta composizione della flora batterica con le migliaia di specie batteriche che la compongono. La tossicità degli alimenti, gli stili di vita, l’ignoranza di questi fattori, alimentari ed ambientali, come incidenti, defrauda migliaia di coppie dalla possibilità di concepire un figlio. Solo nel prossimo anno il Sistema Sanitario renderà gratuite parte di quegli esami propedeutici alla verifica di questi fattori per il concepimento. Il rimanente, non di poco conto economico, resta a carico della coppia. La recente legge che rende reato universale “l’utero in affitto” per quanto moralmente ineccepibile, sbarra la strada ad una delle soluzioni, la più estrema ed eticamente opinabile, per procreare. Una condizione che spingerà l’umanità ad organizzarsi verso sistemi medicali e biologici che "costruiscano” i bambini invece di concepirli secondo le millenarie leggi di natura. Se i figli diventano un costoso artefatto, l’eugenetica sarà la pratica ricorrente e la selezione dei nascituri soggetta a prezzolate manipolazioni. Un'umanità rarefatta nei paesi occidentali, colonizzata dai paesi più poveri che vi migrano, ma che saranno composti da esseri umani di migliori attitudini e prospettive di vita. La razza superiore si para alle porte come deterrente, di un Europa vecchia e spopolata?


